Buddismo di Nichiren

Nichiren Daishonin 日蓮大聖人
Nichiren Daishonin è considerato un grande riformatore del Buddismo medievale giapponese. La sua dottrina si basa sul Sutra del Loto, predicato da Shakyamuni, e sugli insegnamenti dei filosofi T'ient-t'ai (538-597) e Dengyo (767-822).
Nichiren nacque in Giappone nel 1222, un’epoca devastata da disordini sociali e disastri naturali che affliggevano la popolazione. Fin da ragazzo si domandava perché gli insegnamenti buddisti avessero perso il potere di far vivere le persone in modo felice e realizzato, e decise di trovare una risposta. A sedici anni divenne monaco, dedicandosi totalmente agli studi buddisti. L’approfondimento dei sutra lo convinse che il Sutra del Loto contenesse l’essenza dell’illuminazione di Shakyamuni e la chiave per trasformare la sofferenza umana e far fiorire la società.
Il Sutra del Loto afferma che tutte le persone, indipendentemente dal genere, dalle capacità individuali e dalla condizione sociale posseggono intrinsecamente le qualità di un Budda e sono dunque altrettanto degne del massimo rispetto.
Basandosi sullo studio del Sutra del Loto Nichiren stabilì che l’invocazione del titolo del sutra Myoho-renge-kyo preceduto dal termine Nam (in sanscrito “dedicarsi”) fosse la pratica universale che consentiva a tutti di manifestare la Buddità inerente alla loro vita e di ottenere la forza e la saggezza per superare ogni avversità. Egli vide in questo sutra un veicolo per la realizzazione di tutte le persone, chiarendo che ogni essere umano può ottenere l’Illuminazione e vivere felicemente nella vita presente.
Nichiren era molto critico nei confronti delle altre scuole buddiste dell’epoca, considerandole funzionali agli interessi della classe dirigente perché di fatto incoraggiavano la passività della popolazione. Egli richiamava la classe dirigente ai propri doveri, ricordando che aveva la responsabilità della sofferenza della gente e dunque anche quella di trovare una soluzione. L’idea che lo stato esistesse per il bene del popolo era rivoluzionaria per l’epoca.
Per questo egli fu vittima di assalti e persecuzioni anche molto violente da parte del governo militare e delle scuole buddiste più potenti, ma rifiutò sempre di indietreggiare e di negare i suoi principi.
Il suo lascito sta nell’instancabile lotta per la felicità di tutte le persone e nel desiderio di costruire una società che rispetti la dignità e il potenziale di ogni singola esistenza.

Daimoku題目
e la cerimonia di Gongyo勤行
(clicca su Daimoku e Gongyo per l'ascolto)
 
La pratica fondamentale nel Buddismo di Nichiren Daishonin è la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo  妙法蓮華経  (Daimoku).
Ci si siede con la schiena ben diritta, le mani unite davanti al petto, gli occhi aperti e si ripete più e più volte questa frase ad alta voce, mantenendo lo stesso ritmo e scandendo bene ogni termine con voce chiara.
Chi non ha ancora ricevuto il Gohonzon 御本尊 (l'Oggetto di culto), può praticare davanti una parete nuda: in questo modo si favorisce la concentrazione. Il Daishonin consiglia di recitare Daimoku "finché non ci si sente soddisfatti".
La pratica di sostegno è la recitazione (mattina e sera) di due capitoli del Sutra del Loto (Gongyo, lett. "pratica assidua"). Anche se la forma precisa fu stabilita dopo la morte del Daishonin, egli stesso indicò che tale pratica quotidiana doveva essere basata sulla recitazione di brani tratti dai capitoli Hoben (secondo) e Juryo (sedicesimo).
Questi capitoli, in estrema sintesi, contengono la summa degli insegnamenti del Budda Shakyamuni: espongono il vero aspetto dell'universo e di tutti i princìpi della vita. 


il mio butsudan!dove e' contenuto il gohonzon :

La rivoluzione umana 人間革命
Il Buddismo è caratterizzato dall'accento sulla possibilità di una trasformazione interiore che fa emergere il massimo potenziale umano. È convinzione diffusa che la disciplina e la concentrazione necessarie per questo processo necessitino di una serie di circostanze ideali di cui quasi nessuno dispone. Il Buddismo di Nichiren insegna però che solo affrontando direttamente le difficoltà della realtà individuale e sociale possiamo realizzare l'impegno di cambiare la nostra vita e il mondo in meglio.
"Rivoluzione umana" è la definizione utilizzata dal secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda, per descrivere quel processo fondamentale di trasformazione interiore attraverso il quale ci liberiamo dalle catene del nostro "piccolo io", imprigionato dall'ego e dall'autoconsiderazione, e accresciamo l'altruismo del "grande io" capace di preoccuparsi e di agire per gli altri e, in ultima analisi, per l'umanità intera.
Come spiega Daisaku Ikeda «esistono vari tipi di rivoluzione: politica, economica, industriale, scientifica, artistica... ma, indipendentemente da cosa viene cambiato, il mondo non sarà mai migliore finché le persone rimarranno egoiste e prive di compassione. In questo senso, la rivoluzione umana è la più importante di tutte le rivoluzioni e allo stesso tempo la più necessaria per l'umanità».
La questione di come cambiare in meglio ha generato innumerevoli teorie, religioni e imperi editoriali. Senza dubbio l'autodisciplina e lo sforzo possono consentirci trasformazioni positive, come accade per esempio facendo una regolare attività fisica. Ma spesso la volontà è difficile da mantenere e il nostro autocontrollo può perdersi in un momento cruciale perché non abbiamo affrontato le cause interne che sono alla base del nostro comportamento.

Una trasformazione profonda
La rivoluzione umana è il lavoro di trasformazione della nostra vita a partire dalla sua essenza più profonda. Significa individuare e affrontare tutto ciò che inibisce la piena espressione del nostro potenziale positivo e della nostra umanità. Il Buddismo di Nichiren si basa sulla convinzione che ogni individuo possiede uno stato vitale puro, positivo e illuminato. Questo stato vitale di "Buddità" è caratterizzato da qualità come la compassione, la saggezza e il coraggio che ci consentono di creare valore a partire da qualunque situazione. Nichiren capì che il processo più profondo di cambiamento e purificazione avviene quando facciamo emergere questo stato vitale, e insegnò la pratica della recitazione di Nam-myoho-renge-kyo come strumento diretto e immediato per accedervi e sperimentarlo.
La natura di Budda si esprime in modi concreti. Innanzitutto, acquisiamo un profondo senso della dignità umana e la convinzione che la nostra vita è dotata di potenzialità illimitate. In secondo luogo, sviluppiamo la saggezza per capire che ciò che prima ci sembrava impossibile, in realtà è possibile. Terzo, sviluppiamo una forte vitalità che ci consente di affrontare i problemi con una sensazione di liberazione interiore. Perciò siamo in grado di fare la nostra rivoluzione umana, cercando di migliorare il nostro "io" giorno per giorno e far sì che l'"io" di domani sia sempre migliore di quello di oggi.
In alcune tradizioni buddiste, le interpretazioni della legge di causa ed effetto possono portare a rivolgere l'attenzione verso le cause negative poste nel passato. Si può avere l'impressione che siano necessarie molte vite per "ripulirsi" dagli ostacoli e dalle difficoltà che si incontrano nella vita. Il messaggio del Sutra del Loto e del Buddismo di Nichiren Daishonin è che attraverso la fede e la pratica possiamo far emergere la Buddità, lo stato vitale più elevato e illuminato, proprio qui e ora, così come siamo. Questa saggezza illuminata ci consente di comprendere che anche le circostanze che potrebbero sembrare le più sfortunate, come una malattia apparentemente incurabile o un lutto, possono in realtà essere la migliore occasione per mettere in atto la nostra rivoluzione umana e la spinta giusta per realizzare una eccezionale crescita personale.

Guardare al di là delle nostre preoccupazioni personali e agire per il bene altrui rinvigorisce e accelera questo processo. Un'esperienza che prima era vissuta come un fardello ingiusto può trasformarsi nella chiave per capire lo scopo della nostra vita, mentre impariamo come aiutare gli altri a lottare in situazioni analoghe.
Questo processo individuale di rivoluzione umana è la vera scintilla che può innescare il cambiamento su scala globale, perché assumersi la responsabilità di trasformare la propria vita è il primo passo verso la creazione di una società basata sulla compassione e sul rispetto per la dignità della vita di tutti gli esseri umani.
(da http://www.sgi-italia.org/rivumana/RivoluzioneUmana.php)

 Kosen-rufu 広宣流布: La realizzazione della pace
Il termine giapponese kosen-rufu esprime un concetto di fondamentale importanza per i membri della Soka Gakkai. Spesso viene tradotto come “pace nel mondo”, intesa però in senso più vasto della semplice “assenza di guerre”. Si potrebbe definire come pace omnicomprensiva, ottenuta attraverso un radicale cambiamento nel cuore delle persone grazie alla diffusa adozione di valori umanistici quali – prima di ogni altro – l’assoluto rispetto per la dignità della vita. L’espressione kosen-rufu ha un’origine antica e appare nel ventitreesimo capitolo del Sutra del Loto, Precedenti vicende del bodhisattva Re della medicina. In un brano del capitolo si legge: «Dopo la mia estinzione, nell’ultimo periodo di cinquecento anni, dovrai diffonderlo in tutto Jambudvipa e non permettere mai che la sua diffusione sia interrotta». L’espressione «dovrai diffonderlo [il Sutra del Loto]» viene resa da Nichiren Daishonin con il termine kosen-rufu.

I quattro ideogrammi che compongono l’espressione significano: ko “ampiamente”, sen “dichiarare”, ru “corrente dell’acqua” e fu “tessuto” costituito dalla trama e dall’ordito.
Kosen indica quindi l’azione di far conoscere ampiamente la Legge mistica, mentre rufu indica la diffusione come flusso incessante che scorre nella vita quotidiana delle persone e nelle relazioni sociali.
Poiché, secondo la visione buddista, la Legge mistica è la Legge della vita che permette alle persone di diventare felici consentendo di manifestare il loro più grande potenziale, la Buddità, ed è quindi il motore del progresso degli esseri umani e della società, agire per realizzare kosen-rufu significa impegnarsi nella costruzione di una società pacifica e felice.
Il Daishonin decise da solo e spontaneamente di realizzare kosen-rufu nel mondo, spinto dalla compassione per tutti gli esseri umani, sicuro che molti l’avrebbero seguito. «Dapprima solo Nichiren – scrive in una sua lettera – recitò Nam-myoho-renge-kyo, ma poi due, tre, cento lo seguirono, recitando e insegnando agli altri. La propagazione si svilupperà così anche in futuro. Non vuol dire ciò “emergere dalla terra”? Infine, al tempo in cui la Legge si diffonderà ampiamente [il tempo di kosen-rufu, n.d.r.] l’intero paese del Giappone reciterà Nam-myoho-renge-kyo; questo è certo come una freccia che, puntata verso terra, non può mancare il bersaglio».

Kosen-rufu dunque implica un modo di avvicinarsi alla pratica buddista profondamente calato nelle questioni sociali e secolari. Nichiren Daishonin si distingueva dai buddisti suoi contemporanei perché poneva l’accento su kosen-rufu: in quest’ottica, la felicità individuale, o Illuminazione, è indissolubilmente collegata alla pace e alla felicità dei nostri simili e della società nel suo complesso. Egli rifiutava l’idea che l’Illuminazione fosse qualcosa da coltivare come una virtù privata, interiore. Allo stesso modo rifiutava l’idea che il vero obiettivo del Buddismo fosse di accumulare ricompense per l’aldilà. Questi due concetti – secondo il Daishonin – avevano in comune una sorta di rassegnazione riguardo alla capacità di superare la sofferenza e trasformare positivamente la società, un’inaccettabile distorsione dell’idea chiave del Buddismo secondo cui le persone possono realizzare la vera felicità nel posto in cui vivono. Entrambi gli approcci erano dunque bersaglio delle sue aspre critiche.
Secondo Nichiren, l’Illuminazione non è tanto un obiettivo in sé, quanto la base per un’ulteriore azione compassionevole. Lo stato vitale di Buddità viene dunque espresso, mantenuto e rafforzato attraverso azioni dirette a contribuire al benessere e alla felicità delle altre persone.

L’enfasi di Nichiren su kosen-rufu rifletteva anche la sua visione del tempo: vigeva la convinzione che la storia fosse entrata nel periodo “dell’Ultimo giorno della Legge” (giapp. mappo). Era stato predetto, infatti, che – a partire da 2000 anni dopo la morte del Budda Shakyamuni (da qui l’affermazione "nel quinto periodo di cinquecento anni dopo la mia morte" sopra citata) – ci sarebbe stato un periodo in cui gli insegnamenti del Budda avrebbero perso il potere di condurre le persone all’Illuminazione. I calcoli effettuati dai buddisti giapponesi avevano collocato l’inizio dell’Ultimo giorno della Legge nel 1052. L’arrivo di quest’epoca così temuta fu accolto con grandissima preoccupazione.
La natura degenerata dell’epoca e il fallimento della legge buddista sembravano confermati dagli eventi. Nel 1221, per esempio, (un anno prima della nascita di Nichiren), un imperatore aveva cercato di rovesciare il governo dei samurai mobilitando le sette buddiste istituzionali a pregare per la sua vittoria. Ma fu sconfitto e passò il resto della sua vita in esilio. Nell’immaginario popolare, ciò rappresentava una sconfitta impensabile per l’autorità secolare dell’imperatore e quella religiosa del Buddismo di stato. Violenti disastri naturali, agitazioni politiche, carestie e pestilenze continuarono a susseguirsi in tutto l’arco della vita del Daishonin, confermando la sua visione dell’epoca.
Ma Nichiren, contrariamente a molti dei suoi contemporanei, non considerava l’Ultimo giorno come un’epoca di rassegnazione a sofferenze inevitabili. Concentrava invece la sua attenzione su quei brani del Sutra del Loto nei quali si prediceva che sarebbe stata l’epoca in cui il Buddismo avrebbe ripreso nuova vita e si sarebbe diffuso ampiamente a beneficio della gente. Piuttosto, vedeva l’Ultimo giorno come un’epoca in cui la ricerca della sola felicità individuale non era più un’opzione praticabile: l’unica strada per la felicità era sfidare direttamente le cause prime dell’infelicità che affliggeva tutte le persone e la società nel suo complesso.

Naturalmente kosen-rufu non indica la conversione di tutti gli abitanti della terra al Buddismo del Daishonin. Poiché le vite di tutte le persone sono collegate nel profondo, un cambiamento radicale di un individuo avrà un effetto positivo su tutti coloro con cui entra in contatto, soprattutto con quelli con cui condivide un forte legame. Daisaku Ikeda scrive: «La rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine a un cambiamento nel destino di tutta l’umanità». «Ciò che conta – scrive ancora Ikeda – è che lo spirito della grande filosofia di pace che il Sutra del Loto espone quando spiega che tutte le persone sono Budda sia pienamente applicato alla società nel suo complesso. […] Significa far sì che il fondamento e la forza propulsiva della società siano i concetti di dignità umana e sacralità della vita».
In questo senso, kosen-rufu si realizza a partire dal cambiamento di ogni singola persona, una trasformazione che avviene attraverso il continuo sforzo di avvicinare la propria intenzione, il proprio comportamento e le proprie azioni a quelle del Budda. Questa è la via della rivoluzione umana, attraverso la quale è possibile costruire pace e felicità durature. E poiché le azioni del Budda sono tutte volte alla realizzazione del suo grande desiderio («Come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano alla via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo di Budda»), contribuire a kosen-rufu consiste nell’incessante impegno di risvegliare tutte le persone al senso del loro infinito potenziale o Buddità.

Kosen-rufu non è un obiettivo finale, un capolinea: la sua essenza è tutta contenuta nel processo e nelle azioni finalizzate alla sua realizzazione, e non implica la fine di tutti i conflitti e delle contraddizioni della società. Piuttosto, si può pensare a kosen-rufu come alla costruzione di un mondo in cui un profondo e diffuso rispetto per la vita sia la base per affrontare e risolvere in modo pacifico e creativo tutti i conflitti. Inoltre, non è un tempo da attendere passivamente, ma una condizione che si può cominciare a realizzare proprio ora, nelle nostre comunità.
(da http://www.sgi-italia.org/approfondimenti/KosenRufu.php) 

I dieci mondi
L’interesse principale del Buddismo riguarda il nostro stato vitale: la gioia o la sofferenza che possiamo sperimentare in ogni singolo istante dell’esistenza. Ciò accade sempre attraverso l’interazione tra condizioni esterne e tendenze interiori. La stessa situazione – per esempio uno stesso posto di lavoro – vissuta da qualcuno come tormento costante, per un’altra persona può essere fonte di soddisfazione.
Scopo della pratica buddista è quello di rafforzare lo stato interiore, in modo da affrontare e trasformare le situazioni più difficili e negative.
Basandosi sul Sutra del Loto, il Gran Maestro T'ien-t'ai – studioso buddista cinese del sesto secolo – sviluppò un sistema per classificare le esperienze umane in dieci stati o “mondi”. L’insegnamento dei dieci mondi fu adottato ed elaborato da Nichiren Daishonin, che evidenziò la natura intima e soggettiva di questi mondi: «Per prima cosa – si legge in un suo scritto – alla domanda di dove si trovino esattamente l’Inferno ed il Budda, un sutra afferma che l’Inferno esiste sotto terra ed un altro dice che il Budda risiede a occidente. Ma, a un attento esame, risulta che entrambi esistono nel nostro corpo alto cinque piedi».

Quali sono i Dieci mondi? In ordine dal più basso e negativo verso il più alto e desiderabile, troviamo: Inferno, una condizione di disperazione nella quale si è completamente sopraffatti dalla sofferenza; Avidità, lo stato in cui si è dominati dal desiderio illusorio che non potrà mai venire definitivamente appagato; Animalità, una condizione basata sugli istinti; Collera, stato caratterizzato dal bisogno irrefrenabile di prevaricare e dominare gli altri, convinti della propria bontà e saggezza. Questi quattro mondi vengono definiti i Quattro cattivi sentieri per la distruttiva negatività che li contraddistingue.
Continuando, l’Umanità è uno stato di tranquillità, nel quale appare la capacità di ragionare e dare giudizi sereni. Pur essendo alla base della nostra identità di esseri umani, questa condizione comunque vive di un fragile equilibrio e facilmente scivola verso uno dei mondi bassi quando appare una situazione negativa. Cielo è lo stato di gioia tipico che nasce dopo aver realizzato un desiderio o evitato una sofferenza. I mondi fin qui illustrati sono a volte definiti i Sei mondi inferiori: la loro caratteristica è quella di essere fondamentalmente reazioni alle mutevoli situazioni esterne. In essi si sperimenta una mancanza di vera libertà e autonomia.
Quelli che il Buddismo definisce i Quattro mondi nobili rappresentano lo sforzo di vivere con integrità, libertà interiore e compassione. Il mondo di Apprendimento descrive la condizione di aspirazione verso l’Illuminazione. Realizzazione indica la capacità di percepire la vera natura dei fenomeni. Questi ultimi sono talvolta chiamati i Due veicoli in quanto le persone che manifestano questi stati sono parzialmente illuminati e liberi da alcuni desideri illusori. Da un altro punto di vista questi mondi possono essere molto incentrati sul proprio ego tanto che, in molte scritture, il Budda ammonisce le persone dei Due veicoli per il loro egoismo e autocompiacimento.
Il mondo di Bodhisattva è lo stato di compassione nel quale superiamo i limiti dell’egoismo e ci adoperiamo per il benessere degli altri. Il Buddismo mahayana in particolare enfatizza la figura del Bodhisattva come ideale del comportamento umano. La Buddità è lo stato di perfezione e assoluta libertà, in cui si assapora un senso di unità con la forza vitale fondamentale dell’universo. Una persona nello stato di Buddità riesce a sperimentare qualsiasi fenomeno – comprese le inevitabili prove rappresentate dal malattia, invecchiamento e morte – come un’opportunità di gioia e appagamento. Lo stato vitale interiore della Buddità si manifesta attraverso l’impegno altruistico e le azioni del Bodhisattva.

Il mutuo possesso dei Dieci mondi

Il Sutra del Loto espone il mutuo possesso dei dieci mondi per rivelare che le persone comuni possono manifestare la propria Buddità così come sono, senza dover rinascere in un’altra forma o in un’altra terra. Il vero significato di percepire i Dieci mondi dentro la propria mente consiste dunque nel manifestare il mondo di Buddità che esiste nella propria vita. Per esempio, supponiamo di trovarci in una condizione senza speranza, in cui soffriamo nel mondo d’Inferno. Se percepiamo la realtà del mutuo possesso dei dieci mondi e siamo convinti che nella nostra vita esiste senza alcun dubbio la grande forza vitale della Buddità, riusciremo a superare qualsiasi situazione e infine a vincere.
Il cuore del concetto del “mutuo possesso dei Dieci mondi” è quindi che ogni condizione vitale contiene il mondo di Buddità: ciascuno di noi, in qualsiasi momento della propria vita e con qualsiasi stato d’animo, recitando Nam-myoho-renge-kyo ha il potenziale per sperimentarlo e manifestarlo. Inoltre, si ha la possibilità di comprendere meglio i sentimenti delle altre persone pensando che anch’esse sono dotate dei Dieci mondi, compresa la Buddità.
 (da http://www.sgi-italia.org/approfondimenti/DieciMondi.php)

1 commento:

蓮華 ha detto...

Paura di vivere, paura di morire
Intervista a Riccardo Venturini
Psicofisiologo, buddista mahayana
http://www.sgi-italia.org/riviste/bs/InternaTesto.php?A=624&R=1&C=104